Edgar Allan Poe è stato ossessionato tutta la vita dalla paura di essere sepolto vivo e nei suoi racconti ne ha sempre parlato come un lucido incubo, che a tratti diventa quasi grottesco, un modo forse per esorcizzarlo, o per viverlo in prima persona, descrivendolo in modo maniacale, fino a non riuscire a distinguere più il narratore dal protagnista del racconto.
Un modo catartico per palesare la paura della morte, l’horror vacui, l’oblio dell’anima che si disintegra e si perde nel cosmo infinito; o l’angoscia esistenziale dell’attimo prima della morte stessa, in cui ognuno si ritrova ad affrontare tutta la propria esistenza e la paura dell’assoluto e dell’irrazionale.
La catalessi, malattia di cui soffriva l’autore, era la sua condanna: il dover affrontare consapevolmente la sua paura di essere sepolto vivo in qualsiasi momento senza preavviso, poichè le scoperte mediche del periodo non erano ancora tali per discernere la catalessi dalla morte.