Così come 21 Grammi e Babel, Biutiful è un film d’autore e come i precedenti suoi lavori, continua a trattare il tema del dolore e della morte.
Nonostante il suo recente divorzio dallo sceneggiatore Guillermo Arriaga che lo ha accompagnato nelle tre pellicole precedenti e nonostante sia la prima volta che ha girato un film in Spagna ed in lingua spagnola, è riuscito a creare un altro capolavoro.
Qui la vicenda si snoda nei quartieri degradati di Barcellona in cui il protagonista, Uxbal, si trova a lottare contro il dolore e la sofferenza; infatti è un sensitivo in grado di comunicare coi morti ed è un gestore di attività clandestine (ma legali) composte da immigrati cinesi e africani che non se la passano bene e che finiranno peggio.
In più, sposato con una donna che soffre di depressione bipolare che lo tradisce con il fratello, con a carico due figli e un cancro alla prostata.
L’assenza di Arriaga si sente per tutta la durata del film e non è assolutamente un male: in questo caso la vicenda non si incastra con altre e non ha una struttura circolare tipica di Babel e 21 Grammi, ma scorre verso il basso, con un tocco volutamente pesante, come se i sentimenti fossero rappresentati senza un filtro, ma crudi e reali.
L’incedere del film è come una marcia, nulla è delicato, non è dipinto ma scolpito, non è sussurrato ma gridato ed il dolore viene scandagliato minuziosamente in ogni sua forma.
E’ la vicenda di un uomo che lotta sia con i fantasmi che percepisce con le sue doti da sensitivo, sia con i fantasmi del suo passato e si trova a dover fare i conti con i propri sensi di colpa alla ricerca di una possibile auto redenzione.
Ecco servito un altro capolavoro di Iñárritu che scuote l’animo e tocca nell’intimo come una pugnalata al cuore, dove la speranza svanisce, lasciando il posto alla muta rassegnazione umana e dove l’unico in grado di salvarci è Dio; un dio però che sembra non palesarsi mai e che sembra aver girato le spalle all’uomo, lasciandolo nella sua sofferenza e nel suo peccato senza una possibile e augurabile redenzione.
Bello, anzi straordinario.