L’attore sarà al Festival per presentare il film che lo vede protagonista nei panni di un giovane affetto da una lieve forma di autismo: “My name is Khanâ€, opera di denuncia del regista Karan Johar.
“E’ un’ epica storia d’amore fra due persone che hanno un’unica visione del mondo†come l’ha definito il regista Karan Johar. E’ ambientato negli Stati Uniti post 11 settembre e interpretato da due superstar di Bollywood.
My Name is Khan è il film che ha commosso l’America riscuotendo un enorme successo ed attestandosi come un vero fenomeno cinematografico.
Un film toccante e allo stesso tempo in grado di sciorinare gag divertenti, aprendo allo stesso tempo una delle pagine più nere della recente storia americana. Lo fa rovesciando il punto di vista sin qui utilizzato, operazione non certo semplice, dato che la vicenda tratta dell’11 Settembre e il protagonista è musulmano.
Rizvan Khan soffre sin dalla nascita di una particolare forma di autismo, la Sindrome di Asperger, che gli impedisce di intuire le reazioni altrui. Rizvan ha un quoziente intellettivo incredibile e, grazie all’affetto e ai sacrifici della madre, lo svilupperà con un professore, arrivando ad acquisire una particolare abilità nel riparare oggetti. Dopo la morte della madre, emigrerà negli Stati Uniti dal fratello. Questi gli trova un lavoro come rappresentante di prodotti cosmetici. Qui Khan conosce Mandira Rathore, madre single di un ragazzino a cui l’uomo si affeziona e che prenderà il suo cognome. Per il bimbo sarà l’inizio di un incubo. Di lì a poco lo spettro dell’attentato alle Torri Gemelle scuoterà la tranquilla vita del terzetto.
La tragedia delle Torri Gemelle cambia il comportamento degli americani nei loro confronti. Mandira, sconvolta dagli eventi lascia Rizvan, il quale, nella sua buffa semplicità , confuso e arrabbiato, comincia un viaggio attraverso l’America ostile alla ricerca dell’amata, una sorta di on the road sulla falsariga di “Forrest Gump†e di “Boratâ€, contro l’odio e i pregiudizi, ma anche una storia d’amore struggente.
Lo stesso regista, interrogato sul perché della scelta di ambientare il film nell’America post 11 Settembre, replica: “Ciò che distingue il film è il paesaggio in cui si dipana la vicenda. Continuo a cambiare l’ambientazione dei miei film per proporre ogni volta qualcosa di diverso, ma la costante che accompagna tutti i progetti è il desiderio di esplorare i molteplici modi in cui due persone possono innamorarsi e rimanere innamorate, a prescindere dalle difficoltà o dalle sfide che devono affrontareâ€.
Scottante infine il tema degli attentati terroristici. La volontà di discostarsi da un fanatismo religioso e da un fondamentalismo violento e inspiegabile sta tutta nella frase con cui il protagonista si presenta ai cittadini americani: “Salve, mi chiamo Khan e non sono un terrorista“.
Emanuele Zambon