Questa è l’idea base del film di Piergiorgio Gay: raccontare gli ultimi trent’anni del nostro Paese, accompagnando ogni momento con una canzone del cantante romagnolo.
Ogni pezzo di storia mostrata (dalla caduta del muro di Berlino all’uccisione del giudice Borsellino) si alterna con frammenti di sequenze tratte dai concerti di Ligabue, nei quali si vede un pubblico adorante (prevalentemente giovanile) che canta con lui le sue canzoni.
Sono presenti anche diverse interviste, tutte con protagonisti persone comuni: dalla studentessa universitaria figlia di immigrati albanesi, all’operaio che ha lavorato per ricostruire la stazione di Bologna dopo la strage causata dall’esplosione della bomba, nel 1980.
Il tutto filtrato dai commenti di Ligabue e di chi ha assistito agli eventi portanti della storia italiana.
Ma non solo di storia si parla in questo film, non solo di quella ufficiale almeno.
C’è anche una storia popolare, infatti, più sottesa ma ugualmente importante.
È una storia fatta di partite di calcio, feste popolari e concerti: eventi, cioè, in grado di riunire tutte le persone sotto l’unico segno del tricolore italiano, a cui nel film viene data grande importanza.
E proprio in quest’ottica viene trattato anche il problema dell’immigrazione, per il quale vengono intervistati stranieri che si lamentano della condizione dell’Italia e del modo in cui NON sono uguali davanti alla legge, mentre un articolo della costituzione sancisce esattamente il contrario.
Purtuttavia il film lancia anche messaggi positivi, esplicitati nella sorridente lezione etimologica di Don Luigi Ciotti, il quale afferma che in latino “esistere†e “resistere†hanno la stessa radice.
Come a dire che la resistenza è alla base dell’esistenza stessa, che non può assolutamente essere passiva ma, al contrario, dipende esclusivamente dalle nostre azioni.
Il film sarà nelle sale a partire dal 17 settembre.