Placido si cimenta così per la seconda volta nel crime thriller, un genere che in Italia risulta essere molto ostico: ma nel complesso il lavoro risulta essere del tutto soddisfacente, a partire dalla sceneggiatura scritta a quattro mani con Kim Rossi Stuart (che è anche il protagonista della pellicola).
Nello svolgimento della trama dedicata al criminale milanese, la pellicola non perde mai il ritmo, sviluppando in maniera sicura le dinamiche interne al personaggio, costruendone, prima l’ascesa e poi al rovinosa caduta, raccontato in tappe ben divise una dall’altra la vita di Vallanzasca
Le scene d’azione sono perfette, aiutate anche da un montaggio, che spesso pare virtuoso, ma che ben si accosta alla narrazione incalzante, mentre la fotografia firmata da Arnaldo Catinari risulta essere molto elegante ma non ricercata o pretenziosa.
L’unica pecca è forse la caratterizzazione di Vallanzasca che risulta essere più vicina ad una rock star alla ricerca costante dei riflettori, piuttosto che un criminale vero e proprio.
Tutto questo però senza mitizzare il personaggio, anzi lasciandolo nella sua limitata umanità e sofferenza dovuta all’incapacità del vivere normale.